Autore: BwBA_0kJ

Trend di design e web: quando le mode non funzionano

Ogni anno, il mondo del design viene travolto da nuove tendenze, da nuovi colori, dal Pantone dell’anno, font innovativi, layout avveniristici e stili grafici rivoluzionari. Ma quello che funziona sulle passerelle e alle riviste patinate non sempre si adatta perfettamente al web. Infatti se da un lato le mode offrono spunti interessanti per il design digitale, dall’altro non sempre risultano compatibili con l’esperienza utente, l’accessibilità e la funzionalità di una pagina web, rivelandosi anche un’arma a doppio taglio se non si riesce a bilanciare innovazione e praticità nel design in un sito web. 

Il fascino delle mode nel web design

Ogni anno, i designer aspettano con ansia l’annuncio del colore Pantone dell’anno, le nuove tendenze tipografiche e i trend grafici più in voga. E puntuale come ogni anno, anche il 2025 ha il suo colore, il mocha mousse, una tonalità calda di marrone pregna di una ricchezza innata che nutre con la sua suggestione della qualità deliziosa del cacao, del cioccolato e del caffè. Una descrizione interessante, intrigante, peccato che, parole a parte, ogni altro aspetto ricordi tutto tranne che un mocaccino. Lo stesso accade con i font: ogni anno emergono nuovi caratteri tipografici che sembrano ridefinire il design contemporaneo, ma che spesso, anche se queste mode possano ispirare progetti creativi e accattivanti, non risultano efficaci nell’ambito del web design.

Quando i trend non funzionano

    1. Colori bellissimi, ma poco pratici: lo abbiamo già accennato sopra, il colore Pantone dell’anno viene spesso celebrato come il simbolo estetico di un’epoca, ma non è detto che sia adatto a un’interfaccia digitale. Ad esempio, una tonalità molto chiara, o  molto scura, potrebbe compromettere la leggibilità del testo, mentre una troppo vivace potrebbe risultare stancante per l’utente. Inoltre alcuni colori di tendenza non rispettano i criteri di accessibilità WCAG (Web Content Accessibility Guidelines), rendendo difficile la lettura per utenti con disabilità visive o in condizioni di scarsa illuminazione. Se un sito web punta tutto sul trend cromatico senza considerare questi aspetti, rischia di perdere visitatori e penalizzare l’esperienza utente.
  • Font di tendenza, ma illeggibili: negli ultimi anni, i font decorativi e sperimentali hanno conquistato il design grafico. Tuttavia, alcuni di essi, sebbene affascinanti, risultano illeggibili su schermi piccoli, rallentano il caricamento del sito (se pesanti) e non si adattano bene a tutte le risoluzioni. Un esempio? I caratteri ultra-sottili o con contrasti estremi tra spessori possono risultare belli sulla carta stampata, ma difficili da leggere su schermi di bassa qualità o in contesti di illuminazione variabile. Per questo, anche pensando al mondo mobile che veicola il 90% delle visualizzazioni, nella scelta tipografica per un sito web è fondamentale bilanciare estetica e leggibilità.
  • Layout Innovativi, ma poco intuitivi: ogni anno emergono nuovi trend di impaginazione, come il brutalismo digitale, il glassmorphism o il neumorphism. Sebbene questi stili possano sembrare innovativi e accattivanti, a volte finiscono per confondere l’utente. Un esempio concreto è il neumorphism, uno stile che crea effetti tridimensionali e ombreggiature per dare profondità agli elementi. Bello da vedere, ma spesso poco pratico, i pulsanti risultano poco distinguibili, la gerarchia visiva viene sacrificata e l’utente fatica a navigare intuitivamente nel sito.

Ricordati sempre che se un design è troppo artistico e non segue principi di UX (User Experience), può portare a un’alta frequenza di rimbalzo, ovvero utenti che abbandonano il sito dopo pochi secondi perché non capiscono come interagire con esso.

Come integrare i trend senza compromettere la funzionalità

Allora, dovremmo ignorare completamente le mode nel web design? Assolutamente no, altrimenti ci sarebbe un solo stile di sito web, dove a cambiare sarebbero solo i numeri delle pagine. La chiave è trovare un equilibrio tra estetica, accessibilità e usabilità. Il primo passo è testare il colore in contesti reali, cioè verificare che abbia un buon contrasto con il testo e rispetti le linee guida di accessibilità. Può essere usato per accenti e dettagli senza sacrificare la leggibilità. I font, croce e delizia di ogni sito, devono essere leggibili e versatili. Se un font di tendenza ti affascina, usalo per titoli o elementi decorativi, ma affiancalo a un carattere più leggibile per i testi principali. Se vuoi adottare un layout sperimentale, assicurati che sia comunque intuitivo per l’utente medio. Mantieni chiare le CTA (Call to Action) e evita strutture troppo complesse. Nel caso, se hai un font o qualche elemento decorativo personalizzato, si può integrare per creare unicità e personalizzazione. 

Ricorda sempre, prima di lanciare un design ispirato alle ultime mode, fai qualche test con utenti reali per capire se migliora o peggiora l’esperienza di navigazione, coinvolgi le persone più fidate, controlla sui vari dispositivi e fidati del web designer, come noi di yes-web, che ti chiediamo di controllare costantemente su più dispositivi.  I trend di design possono essere un’ottima fonte di ispirazione, ma vanno adottati con criterio. Un sito non deve solo essere bello da vedere, ma anche funzionale, accessibile e intuitivo. La regola d’oro? Non inseguire le mode a tutti i costi, ma adattarle ed equilibrarle alle esigenze degli utenti e agli obiettivi del progetto. Solo così potrai creare un sito web che sia al tempo stesso moderno ed efficace.

 

Un lato oscuro delle AI: il caso delle assicurazioni mediche negli Stati Uniti

Da quando è nata, e ormai lo sappiamo bene, l’intelligenza artificiale (AI) si è ritagliata un ruolo sempre più centrale nella nostra vita quotidiana. Dai motori di ricerca agli assistenti vocali, dalla creazione di immagini a analisi complesse, questa tecnologia promette di migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi offerti in molteplici settori, inclusi quelli più sensibili come la sanità. Tuttavia, l’entusiasmo per le sue potenzialità è spesso accompagnato da un’ombra: cosa accade quando l’AI è progettata o gestita in modo scorretto?

Un esempio emblematico di questa fattispecie viene dagli Stati Uniti, dove l’AI è stata integrata nei processi decisionali delle compagnie di assicurazione medica. Il suo scopo? Ottimizzare i costi e migliorare l’allocazione delle risorse. Il risultato, però, come facilmente intuibile, non è stato altrettanto positivo per i pazienti. Un caso eclatante ha coinvolto un algoritmo che valutava le necessità sanitarie delle persone assicurate. Apparentemente neutrale, il sistema è stato però allenato su dati pregressi che rispecchiavano le disuguaglianze strutturali già presenti nel sistema sanitario statunitense.

Il risultato è stato un trattamento discriminatorio nei confronti di pazienti appartenenti a minoranze etniche o con redditi bassi. L’algoritmo, infatti, assegnava priorità non sulla base delle reali condizioni di salute, ma sul costo delle cure ricevute in passato. Poiché i pazienti delle minoranze tendevano ad accedere a cure meno costose (e spesso meno adeguate), venivano automaticamente esclusi dai programmi di supporto prioritario, anche quando ne avevano un effettivo bisogno.

L’AI non è neutrale: riflette le scelte umane

Questo esempio dimostra che l’AI non è una tecnologia infallibile o imparziale. Gli algoritmi, per quanto sofisticati, sono solo strumenti, e la loro efficacia dipende interamente da come vengono progettati, implementati e monitorati. Se i dati su cui si basano sono incompleti o distorti, anche le decisioni saranno sbagliate. Il problema non è l’AI in sé, ma l’assenza di una supervisione etica e regolamentare adeguata. Quando le aziende mettono al primo posto il profitto anziché il benessere sociale, rischiano di trasformare un potente strumento in un’arma di esclusione. E le conseguenze non riguardano solo il settore sanitario.

Rischi per la società: dalla discriminazione all’erosione della fiducia

Gli errori nell’implementazione dell’AI non sono solo tecnici: hanno un impatto diretto sulla vita delle persone e sulla fiducia che la società ripone nelle istituzioni. Se un algoritmo decide chi ha diritto a ricevere cure, un prestito o un’assunzione, e lo fa basandosi su pregiudizi radicati, o semplicemente su dati non aggiornati, il risultato è un’amplificazione delle disuguaglianze e scelte che non rappresentano la realtà. Inoltre, la mancanza di trasparenza nei processi decisionali delle AI contribuisce ad alimentare sfiducia e senso di impotenza tra i cittadini. Se non sappiamo come e perché un sistema prende determinate decisioni, come possiamo assicurarci che sia giusto?

La via da seguire: etica e regolamentazione

Per evitare che l’AI diventi un rischio per la società, è necessario agire su più fronti:

  • Dati di qualità e rappresentativi: gli algoritmi devono essere allenati su dati che riflettano la diversità della popolazione e non perpetuino le disuguaglianze esistenti. Inoltre questi dovranno essere sempre aggiornati costantemente.
  • Trasparenza: le aziende e le istituzioni devono essere obbligate a spiegare chiaramente come funzionano i loro algoritmi e quali criteri adottano.
  • Supervisione indipendente: serve un controllo esterno da parte di esperti in etica, diritti umani e tecnologia, per assicurarsi che l’AI venga utilizzata in modo responsabile, anche se questo punto sembra al momento irrealizzabile, non tanto per le mancanze di competenze, quanto per la difficoltà politica di trovare figure adeguate allo scopo.
  • Leggi e regolamenti chiari: i governi devono intervenire per stabilire linee guida rigorose sull’uso dell’AI, tutelando i diritti dei cittadini e prevenendo abusi. Anche su questo punto siamo ancora agli albori, ma qualcosa inizia a definirsi.

 

L’intelligenza artificiale è uno strumento straordinario, che sicuramente permetterà la crescita dell’efficienza in molti settori, le riduzioni di centri di costo e la flessibilità lavorativa e aziendale, ma il suo potenziale può essere distruttivo se gestito male. Il caso delle assicurazioni mediche negli Stati Uniti è un monito: l’innovazione non deve mai avvenire a scapito dell’etica e della giustizia sociale. Solo con una visione responsabile e inclusiva, come quella di Yes-Web, potremo davvero sfruttare questa tecnologia per costruire una società migliore.

L’AI a tutela della natura: un connubio inaspettato

L’intelligenza artificiale, spesso associata a tecnologie futuristiche e innovative lontane dalla quotidianità dei più, sta trovando un’applicazione sempre più importante nella tutela dell’ambiente e della biodiversità. Sembra un paradosso, ma l’AI, con la sua capacità di elaborare grandi quantità di dati e di identificare pattern complessi, sta diventando un alleato prezioso nella lotta contro i cambiamenti climatici e nella conservazione degli ecosistemi.

 

Come funziona?

La prima funzione alla quale le AI si applicano con successo è quella del monitoraggio ambientale: sensori, veicoli e droni equipaggiati con questa tecnologia possono monitorare in tempo reale la qualità dell’aria e dell’acqua, identificare incendi boschivi nelle prime fasi, tracciare la migrazione degli animali e rilevare attività illegali come il bracconaggio. I modelli di machine learning possono analizzare dati storici e attuali per prevedere eventi meteorologici estremi come inondazioni e siccità, consentendo alle comunità di prepararsi in anticipo.

L’AI trova un discreto utilizzo nell ottimizzare l’uso delle risorse idriche e agricole, identificando le aree più adatte alle coltivazioni e minimizzando gli sprechi.

Inoltre algoritmi di deep learning possono analizzare immagini e suoni per identificare nuove specie di piante e animali, contribuendo alla conoscenza, e alla conservazione, della biodiversità.

 

Qualche esempio concreto

Sempre più organizzazioni e fondazioni utilizzano strumenti di AI per i loro scopi, dalla conservazione delle biodiversità, alla ricerca, per arrivare sino alla prevenzione di fenomeni atmosferici e incendi. Vediamone qualche esempio:

  • Rainforest Connection: questa organizzazione utilizza dispositivi alimentati a energia solare e dotati di AI per monitorare i suoni della foresta e rilevare attività illegali come il disboscamento e il bracconaggio.
  • Conservation Drones: droni equipaggiati con telecamere ad alta risoluzione possono sorvolare vaste aree protette per monitorare la fauna selvatica e identificare eventuali minacce.
  • Google Earth Engine: questa piattaforma cloud offre strumenti di analisi basati sull’AI per studiare i cambiamenti ambientali a livello globale, consentendo ai ricercatori di monitorare la deforestazione, il degrado del suolo e altri fenomeni.
  • Mountain Progress Lab: progetto italiano sviluppato da Audi, Regione Trentino, Università di Trento e comune di Madonna di Campiglio, dove una flotta di veicoli elettrici equipaggiati con particolari sensori monitora costantemente la qualità dell’aria, offrendo dati in tempo reale. L’idea è quella di creare una località turistica premium, rispettare la montagna e preservare le biodiversità attraverso l’utilizzo di analisi AI. Molto interessante la creazione di un hub sostenibile pensato per i nomadi digitali o per chi può lavorare da remoto.

 

Le nuove opportunità 

La raccolta dei dati, e la relativa analisi, sono dei processi che esistono da tempo naturalmente. Le nuove tecnologie basate sulle AI permettono di velocizzare incredibilmente questi processi e di analizzare frequenze, intervalli e correlazioni che senza questi metodi sarebbero stati quasi impossibili da notare. Naturalmente, al momento, l’utilizzo di questa forma così raffinata di analisi riguarda solo le grandi organizzazioni o i progetti più importanti o con valenza pubblicitaria e d’immagine, ma, e qui la cosa si fa interessante, i dati sono condivisi e a disposizione di tutti. 

 

L’intelligenza artificiale rappresenterà sempre più una rivoluzione nel campo della tutela ambientale, offrendo strumenti potenti per monitorare, analizzare e prevedere i cambiamenti ambientali, l’AI può contribuire a una gestione più sostenibile delle risorse naturali e alla conservazione della biodiversità. Tuttavia, è fondamentale che lo sviluppo e l’utilizzo di queste tecnologie siano accompagnati da una riflessione etica sulla loro applicazione e dai necessari investimenti in ricerca e formazione. Noi di yes-web abbiamo già detto agli albori di queste nuove tecnologie che queste, se usate correttamente, possono essere un aiuto trasversale nei vari ambienti umani ma, se usate con superficialità e senza senso critico, sicuramente saranno un impedimento per il progresso. 

Come il mondo ha cambiato i social

I social media non sono più solo piattaforme ma negli anni sono diventati sempre più lo specchio della nostra società in continua evoluzione. Ma chi plasma chi? È il mondo che modella i social, o sono i social a plasmare il mondo? La soluzione è più sfumata e complessa di quanto sembri. Proviamo a rispondere. I social sono fortemente interconnessi con l’utente, ed esistono grazie a questi. Sono gli utenti, le loro interazioni, sia con la piattaforma sia tra loro stessi, che creano il successo di un social, e al contempo sono i gusti e gli stili degli utenti che modificano lo stile del social. Facebook, X, Instagram, LinkedIn o Threads hanno tutti lo stesso scopo, interconnettere le persone, ma lo fanno con stili diametralmente opposti. L’utente sceglierà perciò il social più adatto alle sue esigenze e col quale si trova maggiormente a suo agio, sia per condividere, sia per partecipare a discussioni, sia per passare del tempo.

 

Dalla nicchia al mainstream

Qualcuno di noi ricorda i primi giorni di Facebook, un social network limitato agli studenti universitari, che arriva in punta di piedi anche in un’Italia dove ancora la connettività non è costante e gli smartphone non sono ancora così diffusi, e nemmeno si capiva bene cosa fosse un social. Qualcuno infatti pensava fosse una semplice evoluzione delle web community, altri lo guardavano con curiosità. Oggi, lo sappiamo bene, è un colosso che tocca miliardi di vite. Questo passaggio dalla nicchia al mainstream è stato guidato non tanto dalla creatività e intraprendenza di Zuckerberg e colleghi, quanto piuttosto dalle esigenze degli utenti. Con la crescita della connettività, con la possibilità di essere connessi 24/7, abbiamo chiesto più interattività e personalizzazione, e i social hanno risposto. Le storie effimere di Instagram, le dirette Facebook, i reels di TikTok sono tutte risposte a una domanda semplice: cosa vogliamo?

 

Un riflesso della realtà

I social media sono diventati sempre più un palcoscenico dove mettiamo in scena la nostra vita, o la nostra idea di vita. Infatti questa rappresentazione è spesso filtrata attraverso lenti ideali e il desiderio di apparire perfetti ha portato a un’epidemia di filtri e ritocchi, creando una realtà distorta che può avere un impatto negativo sulla nostra autostima, qualcuno ricorderà la sindrome da like che ha portato i social a dare la possibilità di nascondere le reaction. D’altra parte, fortunatamente, i social hanno anche dato voce a minoranze e movimenti sociali, sfidando le norme e promuovendo l’inclusività.

 

Un’arena politica

Le elezioni si vincono anche sui social. Le campagne politiche hanno capito il potere di queste piattaforme e le utilizzano per raggiungere un pubblico sempre più vasto e diversificato. Tuttavia, la diffusione di fake news e disinformazione, legata a un populismo sempre più dirompente, rappresenta una seria minaccia per la democrazia. È anche altresì vero che grazie alla loro idea libertaria i social sono un’incubatrice di idee, movimenti, associazionismo, ecc, che difficilmente possono vivere nella realtà, magari solo per la semplice distanza tra gli utenti. Per questo non dobbiamo correre il rischio di demonizzarli troppo, quanto piuttosto dovremmo avere il senso critico e l’arguzia di ricercare contenuti intelligenti, precisi e magari anche super partes. 

 

Il futuro dei social

Dove ci porterà questa evoluzione? Probabilmente verso social network sempre più personalizzati, basati sull’intelligenza artificiale. Immaginiamo un feed che anticipa i nostri interessi, o un’assistente virtuale che gestisce le nostre interazioni online. Ma ci sono anche sfide da affrontare: privacy, dipendenza, e il rischio di creare bolle informative sempre più isolate. Già l’informazione che passa sui social appare fuori controllo, e sempre più pagine, esponendosi alle troll farms, condividono spesso fake news. Purtroppo non sempre l’utente social si vuole informare e, soprattutto nel caso di analfabetismo funzionale, queste notizie possono essere prese per vere e plasmare la coscienza. Forse è questa la vera sfida del futuro dei social, isolare le notizie palesemente false, non permettere la loro diffusione e lasciare spazio crescente a arte, scienza, promozione, divulgazione e informazioni verificate.

 

Il rapporto tra mondo e social media è perciò simbiotico, e lo sarà sempre più. Ci influenziamo a vicenda, in un continuo scambio di idee, valori e comportamenti. È fondamentale utilizzare questi strumenti in modo consapevole, per costruire una società più informata, inclusiva e democratica. I social media, e noi di yes-web lo sappiamo bene, sono uno strumento potente, ma come tutti gli strumenti possono essere usati bene o male. Sta a noi decidere come vogliamo utilizzarli, per costruire un mondo migliore e più informato, o per perderci in un vortice di superficialità e disinformazione.

La privacy digitale: un bene prezioso sempre più a rischio

Il caso del banchiere italiano che ha ammesso di aver curiosato nei conti correnti di numerosi clienti, tra i quali anche politici e personalità in vista, ha riacceso i riflettori su un tema cruciale: la privacy nei sistemi digitalizzati. Ora, è necessario fare una precisazione: la banca in questione fa sapere, tramite un comunicato, che i sistemi informatici non sono stati violati, ma pare si tratti solo di un (ex) dipendente troppo curioso, anche se sicuramente saranno solo le indagini a ricostruire esattamente questa vicenda. Noi non parleremo di questo caso specifico, ma prenderemo spunto per fare un ragionamento più ampio sulla privacy, su come garantirla ai clienti e come comunicare che i nostri siti e i nostri social sono sicuri.

 

Perché la privacy digitale è così importante?

La privacy è un diritto fondamentale di ogni individuo. Nel mondo, sempre più digitalizzato, i nostri dati personali sono un bene prezioso che può essere utilizzato per molteplici scopi, da quelli commerciali a quelli più invasivi o addirittura illegali. Proteggere la nostra privacy non significa solo preservare la nostra identità, ma anche difendere uno dei nostri diritti fondamentali, cioè la libertà.  I nostri dati personali definiscono chi siamo e come ci relazioniamo con il mondo e proteggendoli riduciamo il rischio di essere vittime di reati informatici, o semplicemente di essere contattati da compagnie di marketing moleste.

 

Le sfide della privacy nell’era digitale

La digitalizzazione ha reso più facile raccogliere, archiviare e analizzare i nostri dati. Le aziende, le istituzioni e persino gli hacker possono accedere alle nostre informazioni personali senza che ce ne accorgiamo. Ma per proteggerci possiamo adottare diverse accortezze. 

  • Essere consapevoli: informarsi sui rischi e sulle misure di sicurezza è il primo passo.
  • Utilizzare password sicure: crea password complesse e uniche per ogni account.
  • Attenzione ai permessi delle app: leggi attentamente le richieste di accesso alle tue informazioni e concedi solo quelle strettamente necessarie.
  • Aggiorna software e dispositivi: installa sempre gli ultimi aggiornamenti per proteggerti dalle vulnerabilità.
  • Sii cauto con le informazioni personali che condividi online: evita di pubblicare dati sensibili sui social network.
  • Utilizza strumenti di sicurezza: antivirus, firewall e VPN possono aiutarti a proteggere i tuoi dispositivi.

 

Il ruolo delle istituzioni

Le istituzioni hanno un ruolo fondamentale nel garantire la privacy dei cittadini. È necessario rafforzare le leggi sulla protezione dei dati e intensificare i controlli sulle aziende che trattano informazioni personali. Per questo, sia il garante italiano, sia i regolamenti europei, si fanno sempre più stringenti e precisi su questo tema. Nel settore informatico il trattamento e la raccolta dei dati è regolamentato dal GPDR, cioè il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, e deve essere seguito, rispettando i principi di legalità, trasparenza ed equità, da tutte le aziende o istituzioni che operano nel campo della vendita di beni e servizi a persone dell’Unione Europea e trattano o processano dati personali dei cittadini dei paesi UE. 

 

La privacy digitale è un bene prezioso che dobbiamo proteggere con ogni mezzo. Solo così potremo vivere in un mondo digitale sicuro e libero. Inoltre essere trasparenti è indispensabile per affermare la nostra serietà nei confronti dei visitatori al nostro sito, che devono sentirsi sempre al sicuro. Informare sulla gestione dei cookie e sulla trasparenza della pagina è ormai indispensabile per affermare la nostra serietà, e noi di yes-web lo sappiamo molto bene. Non è solo una questione di normative e regolamentazioni, è un altro modo per mostrare al mondo la nostra serietà, e che il nostro lavoro e le nostre idee siano genuine e non abbiano secondi fini.