Autore: BwBA_0kJ

Trend social: cosa sono, come nascono e perché non possiamo farne a meno

Ormai siamo abituati a vederli, capirli, anticiparli e cavalcarli, e si, ci piacciono. Nel mondo dei social media, i trend sono come onde, arrivano improvvisi, crescono rapidamente e travolgono tutto e tutti. Ma cosa sono esattamente? Perché certi contenuti diventano virali mentre altri restano invisibili? E perché, all’improvviso, il nostro feed si riempie di foto, e perché proprio in stile Studio Ghibli o Action Figure? Vediamo di rispondere insieme a queste domande e capire di cosa parliamo e di come possiamo sfruttare queste manifestazioni web.

Cosa sono i trend social?

Un trend social è un contenuto, uno stile, una sfida o un format che inizia a essere riproposto e reinterpretato da un numero crescente di utenti su piattaforme social come TikTok, Instagram, Facebook o X. Può trattarsi di un audio, un filtro, un meme, un hashtag o una nuova estetica visiva, l’importante è che tutti cavalchino l’onda del momento e facciano parte di queste piccole tribù del web. Il punto di forza dei trend, infatti, è la replicabilità: questi devono essere semplici da adottare, divertenti da condividere e capaci di generare un senso di appartenenza o reazione immediata, anche se gli ultimi trend che vengono da generazione di immagini tramite chat gpt, hanno bisogno di varie prove e prompt dedicati, comunque subito messi a disposizione dagli utenti più esperti. Pensiamo solo che il trend delle action figure è stato ripreso addirittura da molte testate giornalistiche nazionali.

Come nasce un trend?

I trend possono nascere da qualunque cosa: un video virale, un’immagine creata dalle AI, una battuta riuscita, una canzone catchy o l’ultima novità tech. Spesso iniziano in una nicchia e si espandono a macchia d’olio grazie agli algoritmi che li premiano in termini di visibilità. Quando un contenuto inizia a ricevere molte interazioni (like, condivisioni, commenti), le piattaforme lo spingono automaticamente nei per te o tra i contenuti consigliati, dando il via a una vera e propria corsa alla replica. E da qui il web inizia a riempirsi di consigli, tutorial, post dedicati, rendendo il trend una vera e propria moda, da vivere, o sfruttare per fini pubblicitari o d’immagine. 

Il caso Ghibli: un esempio di trend virale

Uno degli esempi più recenti e affascinanti è il trend delle foto modificate in stile Ghibli. Tutto è partito da un mix perfetto: nostalgia, estetica e intelligenza artificiale. Gli utenti hanno iniziato a trasformare le proprie foto, selfie, panorami, scatti urbani,  in illustrazioni che sembrano uscite direttamente da un film di Hayao Miyazaki, con quei colori pastello, le atmosfere sospese e i dettagli poetici tipici dello Studio Ghibli. Il trend ha preso piede su TikTok e Instagram grazie a reel e caroselli che mostrano il prima e dopo, accompagnati spesso da colonne sonore tratte dai film dello Studio. L’effetto? Emozione, magia e una pioggia di condivisioni. Brand, creator e semplici utenti ci si sono buttati a capofitto, sfruttando tool di AI e app di editing per cavalcare l’onda.

Perché i trend sono importanti per i brand

Per un’agenzia o un’azienda come yes-web, intercettare un trend può essere un’occasione d’oro. Significa parlare lo stesso linguaggio del pubblico, posizionarsi come aggiornati e rilevanti e, soprattutto, aumentare l’engagement in modo organico. L’importante è farlo con intelligenza e coerenza con la propria identità. 

Non tutti i trend naturalmente sono utilizzabili, possono essere un complemento divertente alla nostra brand identity, richiamare la moda del momento e farci percepire come aggiornati e stilosi, ma non dobbiamo abusarne. Infatti, visto la natura spesso ironica e giocosa di questi, è importante saperli usare, capire se andranno in conflitto con la mission aziendale e, non scordiamolo, bisogna prestare una determinata attenzione allo sfruttamento dei diritti, soprattutto in aziende di una certa rilevanza. 

Ricorda, i trend social non sono solo moda del momento, ma sono segnali, conversazioni globali, strumenti creativi che ci dicono molto su cosa le persone vogliono vedere, dire e condividere. Per sfruttarli appieno necessitano di un’attenta analisi, e spesso di rivolgersi a un professionista del web per inserirli in un piano di marketing digitale più ampio o sfruttarli al meglio. Ma, lo sappiamo, quando c’è di mezzo un po’ di magia o divertimento resistere è davvero impossibile.

Archiviamo tutto. I database

In questi giorni abbiamo visto come l’amministrazione Trump, nella sua guerra contro la woke culture, abbia oscurato dai database presidenziali delle parole che, secondo lui, non sono in linea col rinnovato modo di interpretare la società. Naturalmente non è nostro compito criticare o parlare di queste scelte, ma possiamo usare l’argomento per allacciarci a un discorso che spesso si valuta e poco si conosce, cioè il cosa è un database e come funziona.

Sinteticamente un database è un insieme di dati organizzati in modo che sia facile cercarli, modificarli e gestirli. Possiamo immaginarlo come un grande archivio digitale, simile a una libreria ben organizzata, in cui ogni libro (dato) ha un posto preciso e può essere trovato velocemente. Naturalmente questa è solo la prima definizione sommaria, andiamo a analizzare meglio.

Chi usa i database?

I database sono usati da tantissime persone e aziende, e non solo da enti governativi, e in misura maggiore o minore, le aziende li usano per conservare informazioni su clienti, ordini e prodotti, gli ospedali li usano per gestire i dati dei pazienti e delle visite, le banche li utilizzano per registrare i movimenti di denaro, mentre i siti web e le app (come Facebook, Amazon o Netflix) li usano per memorizzare informazioni sugli utenti e i contenuti. Come abbiamo già accennato sopra anche i governi utilizzano i database per archiviare file, cartelle, e tutto ciò che riguarda la storia di uno Stato. 

Come funziona un database?

Un database, anche se spesso si tende a considerarlo uno strumento complesso,  in realtà ha un funzionamento molto semplice, ed essenzialmente raccoglie i dati in tabelle, che sono come fogli di calcolo con righe e colonne, anche se un po più complesso. Le righe rappresentano i singoli elementi (es. un cliente, un prodotto, una transazione, una legge, un avvenimento), mentre le colonne contengono i dettagli di questi elementi, come nome, prezzo, data di acquisto, ma anche foto e documenti in generale. Come visto possiamo avere database semplici come quelli di un negozio che contengono pochi dati per ogni cliente, o più complessi come quelli di un’organizzazione finanziaria o di un governo, che servono per archiviare decine di migliaia di dati.

Perciò un database è un sistema che serve per archiviare e organizzare dati in modo strutturato. Lo si può immaginare come un grande archivio digitale, dove le informazioni vengono salvate in tabelle, simili a fogli Excel.

Per iniziare a usare un database, prima bisogna sceglierne uno. I più comuni sono MySQL, PostgreSQL e SQLite. Alcuni, come SQLite, non richiedono installazione e funzionano con un semplice file. Una volta installato il programma, il primo passo è creare un nuovo database e poi una tabella. Una tabella è composta da colonne (che definiscono i tipi di dati, come nomi, numeri o date) e da righe (che contengono i dati veri e propri). Per aggiungere dati, si usa un comando chiamato INSERT, per leggerli si usa SELECT, per modificarli UPDATE e per cancellarli DELETE.

Tenere i dati al sicuro

Sicuramente il problema più importante del quale tenere conto, in maniera maniacale, è quello legato alla sicurezza. Infatti, essendo i nostri dati su supporti digitali o in qualche server di un data center, a meno che non ci costruiamo un archivio offline interno, potrebbero essere soggetti a attacchi informatici. Iniziamo col dire che la sicurezza di questi è una questione di ampio spettro; infatti non c’è solo la sicurezza informatica da tutelare, attraverso le best practices come password complesse, crittografia o procedure sicure, ma anche quella fisica, legata al rischio di un furto materiale del server o di un disco di esso. Oggi grazie alle Ai e alle machine learning, possiamo monitorare in tempo reale ogni piccolo mutamento, rendendo le procedure di sicurezza più veloci e efficaci. Infine, pare banale ma non lo è, è sempre una buona pratica fare dei backup per non perdere i dati importanti.

I database sono strumenti essenziali per organizzare e gestire informazioni in modo efficiente. Sono usati da aziende, enti pubblici, piattaforme digitali e anche da noi di yes-web naturalmente, per conservare dati in modo sicuro e accessibile. Anche se sembrano complicati, il loro funzionamento si basa su concetti semplici come tabelle, righe e colonne, e con gli strumenti giusti usarli e modificarli diventa facile e accessibile a tutti. Ora, sappiamo bene che ogni azienda e ogni attività è diversa, ma se anche tu vuoi iniziare a usare questo strumento, e scoprire le sue innumerevoli capacità e opportunità, saremo lieti di mostrartele e creare la soluzione migliore per te.

Trend di design e web: quando le mode non funzionano

Ogni anno, il mondo del design viene travolto da nuove tendenze, da nuovi colori, dal Pantone dell’anno, font innovativi, layout avveniristici e stili grafici rivoluzionari. Ma quello che funziona sulle passerelle e alle riviste patinate non sempre si adatta perfettamente al web. Infatti se da un lato le mode offrono spunti interessanti per il design digitale, dall’altro non sempre risultano compatibili con l’esperienza utente, l’accessibilità e la funzionalità di una pagina web, rivelandosi anche un’arma a doppio taglio se non si riesce a bilanciare innovazione e praticità nel design in un sito web. 

Il fascino delle mode nel web design

Ogni anno, i designer aspettano con ansia l’annuncio del colore Pantone dell’anno, le nuove tendenze tipografiche e i trend grafici più in voga. E puntuale come ogni anno, anche il 2025 ha il suo colore, il mocha mousse, una tonalità calda di marrone pregna di una ricchezza innata che nutre con la sua suggestione della qualità deliziosa del cacao, del cioccolato e del caffè. Una descrizione interessante, intrigante, peccato che, parole a parte, ogni altro aspetto ricordi tutto tranne che un mocaccino. Lo stesso accade con i font: ogni anno emergono nuovi caratteri tipografici che sembrano ridefinire il design contemporaneo, ma che spesso, anche se queste mode possano ispirare progetti creativi e accattivanti, non risultano efficaci nell’ambito del web design.

Quando i trend non funzionano

    1. Colori bellissimi, ma poco pratici: lo abbiamo già accennato sopra, il colore Pantone dell’anno viene spesso celebrato come il simbolo estetico di un’epoca, ma non è detto che sia adatto a un’interfaccia digitale. Ad esempio, una tonalità molto chiara, o  molto scura, potrebbe compromettere la leggibilità del testo, mentre una troppo vivace potrebbe risultare stancante per l’utente. Inoltre alcuni colori di tendenza non rispettano i criteri di accessibilità WCAG (Web Content Accessibility Guidelines), rendendo difficile la lettura per utenti con disabilità visive o in condizioni di scarsa illuminazione. Se un sito web punta tutto sul trend cromatico senza considerare questi aspetti, rischia di perdere visitatori e penalizzare l’esperienza utente.
  • Font di tendenza, ma illeggibili: negli ultimi anni, i font decorativi e sperimentali hanno conquistato il design grafico. Tuttavia, alcuni di essi, sebbene affascinanti, risultano illeggibili su schermi piccoli, rallentano il caricamento del sito (se pesanti) e non si adattano bene a tutte le risoluzioni. Un esempio? I caratteri ultra-sottili o con contrasti estremi tra spessori possono risultare belli sulla carta stampata, ma difficili da leggere su schermi di bassa qualità o in contesti di illuminazione variabile. Per questo, anche pensando al mondo mobile che veicola il 90% delle visualizzazioni, nella scelta tipografica per un sito web è fondamentale bilanciare estetica e leggibilità.
  • Layout Innovativi, ma poco intuitivi: ogni anno emergono nuovi trend di impaginazione, come il brutalismo digitale, il glassmorphism o il neumorphism. Sebbene questi stili possano sembrare innovativi e accattivanti, a volte finiscono per confondere l’utente. Un esempio concreto è il neumorphism, uno stile che crea effetti tridimensionali e ombreggiature per dare profondità agli elementi. Bello da vedere, ma spesso poco pratico, i pulsanti risultano poco distinguibili, la gerarchia visiva viene sacrificata e l’utente fatica a navigare intuitivamente nel sito.

Ricordati sempre che se un design è troppo artistico e non segue principi di UX (User Experience), può portare a un’alta frequenza di rimbalzo, ovvero utenti che abbandonano il sito dopo pochi secondi perché non capiscono come interagire con esso.

Come integrare i trend senza compromettere la funzionalità

Allora, dovremmo ignorare completamente le mode nel web design? Assolutamente no, altrimenti ci sarebbe un solo stile di sito web, dove a cambiare sarebbero solo i numeri delle pagine. La chiave è trovare un equilibrio tra estetica, accessibilità e usabilità. Il primo passo è testare il colore in contesti reali, cioè verificare che abbia un buon contrasto con il testo e rispetti le linee guida di accessibilità. Può essere usato per accenti e dettagli senza sacrificare la leggibilità. I font, croce e delizia di ogni sito, devono essere leggibili e versatili. Se un font di tendenza ti affascina, usalo per titoli o elementi decorativi, ma affiancalo a un carattere più leggibile per i testi principali. Se vuoi adottare un layout sperimentale, assicurati che sia comunque intuitivo per l’utente medio. Mantieni chiare le CTA (Call to Action) e evita strutture troppo complesse. Nel caso, se hai un font o qualche elemento decorativo personalizzato, si può integrare per creare unicità e personalizzazione. 

Ricorda sempre, prima di lanciare un design ispirato alle ultime mode, fai qualche test con utenti reali per capire se migliora o peggiora l’esperienza di navigazione, coinvolgi le persone più fidate, controlla sui vari dispositivi e fidati del web designer, come noi di yes-web, che ti chiediamo di controllare costantemente su più dispositivi.  I trend di design possono essere un’ottima fonte di ispirazione, ma vanno adottati con criterio. Un sito non deve solo essere bello da vedere, ma anche funzionale, accessibile e intuitivo. La regola d’oro? Non inseguire le mode a tutti i costi, ma adattarle ed equilibrarle alle esigenze degli utenti e agli obiettivi del progetto. Solo così potrai creare un sito web che sia al tempo stesso moderno ed efficace.

 

Un lato oscuro delle AI: il caso delle assicurazioni mediche negli Stati Uniti

Da quando è nata, e ormai lo sappiamo bene, l’intelligenza artificiale (AI) si è ritagliata un ruolo sempre più centrale nella nostra vita quotidiana. Dai motori di ricerca agli assistenti vocali, dalla creazione di immagini a analisi complesse, questa tecnologia promette di migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi offerti in molteplici settori, inclusi quelli più sensibili come la sanità. Tuttavia, l’entusiasmo per le sue potenzialità è spesso accompagnato da un’ombra: cosa accade quando l’AI è progettata o gestita in modo scorretto?

Un esempio emblematico di questa fattispecie viene dagli Stati Uniti, dove l’AI è stata integrata nei processi decisionali delle compagnie di assicurazione medica. Il suo scopo? Ottimizzare i costi e migliorare l’allocazione delle risorse. Il risultato, però, come facilmente intuibile, non è stato altrettanto positivo per i pazienti. Un caso eclatante ha coinvolto un algoritmo che valutava le necessità sanitarie delle persone assicurate. Apparentemente neutrale, il sistema è stato però allenato su dati pregressi che rispecchiavano le disuguaglianze strutturali già presenti nel sistema sanitario statunitense.

Il risultato è stato un trattamento discriminatorio nei confronti di pazienti appartenenti a minoranze etniche o con redditi bassi. L’algoritmo, infatti, assegnava priorità non sulla base delle reali condizioni di salute, ma sul costo delle cure ricevute in passato. Poiché i pazienti delle minoranze tendevano ad accedere a cure meno costose (e spesso meno adeguate), venivano automaticamente esclusi dai programmi di supporto prioritario, anche quando ne avevano un effettivo bisogno.

L’AI non è neutrale: riflette le scelte umane

Questo esempio dimostra che l’AI non è una tecnologia infallibile o imparziale. Gli algoritmi, per quanto sofisticati, sono solo strumenti, e la loro efficacia dipende interamente da come vengono progettati, implementati e monitorati. Se i dati su cui si basano sono incompleti o distorti, anche le decisioni saranno sbagliate. Il problema non è l’AI in sé, ma l’assenza di una supervisione etica e regolamentare adeguata. Quando le aziende mettono al primo posto il profitto anziché il benessere sociale, rischiano di trasformare un potente strumento in un’arma di esclusione. E le conseguenze non riguardano solo il settore sanitario.

Rischi per la società: dalla discriminazione all’erosione della fiducia

Gli errori nell’implementazione dell’AI non sono solo tecnici: hanno un impatto diretto sulla vita delle persone e sulla fiducia che la società ripone nelle istituzioni. Se un algoritmo decide chi ha diritto a ricevere cure, un prestito o un’assunzione, e lo fa basandosi su pregiudizi radicati, o semplicemente su dati non aggiornati, il risultato è un’amplificazione delle disuguaglianze e scelte che non rappresentano la realtà. Inoltre, la mancanza di trasparenza nei processi decisionali delle AI contribuisce ad alimentare sfiducia e senso di impotenza tra i cittadini. Se non sappiamo come e perché un sistema prende determinate decisioni, come possiamo assicurarci che sia giusto?

La via da seguire: etica e regolamentazione

Per evitare che l’AI diventi un rischio per la società, è necessario agire su più fronti:

  • Dati di qualità e rappresentativi: gli algoritmi devono essere allenati su dati che riflettano la diversità della popolazione e non perpetuino le disuguaglianze esistenti. Inoltre questi dovranno essere sempre aggiornati costantemente.
  • Trasparenza: le aziende e le istituzioni devono essere obbligate a spiegare chiaramente come funzionano i loro algoritmi e quali criteri adottano.
  • Supervisione indipendente: serve un controllo esterno da parte di esperti in etica, diritti umani e tecnologia, per assicurarsi che l’AI venga utilizzata in modo responsabile, anche se questo punto sembra al momento irrealizzabile, non tanto per le mancanze di competenze, quanto per la difficoltà politica di trovare figure adeguate allo scopo.
  • Leggi e regolamenti chiari: i governi devono intervenire per stabilire linee guida rigorose sull’uso dell’AI, tutelando i diritti dei cittadini e prevenendo abusi. Anche su questo punto siamo ancora agli albori, ma qualcosa inizia a definirsi.

 

L’intelligenza artificiale è uno strumento straordinario, che sicuramente permetterà la crescita dell’efficienza in molti settori, le riduzioni di centri di costo e la flessibilità lavorativa e aziendale, ma il suo potenziale può essere distruttivo se gestito male. Il caso delle assicurazioni mediche negli Stati Uniti è un monito: l’innovazione non deve mai avvenire a scapito dell’etica e della giustizia sociale. Solo con una visione responsabile e inclusiva, come quella di Yes-Web, potremo davvero sfruttare questa tecnologia per costruire una società migliore.

L’AI a tutela della natura: un connubio inaspettato

L’intelligenza artificiale, spesso associata a tecnologie futuristiche e innovative lontane dalla quotidianità dei più, sta trovando un’applicazione sempre più importante nella tutela dell’ambiente e della biodiversità. Sembra un paradosso, ma l’AI, con la sua capacità di elaborare grandi quantità di dati e di identificare pattern complessi, sta diventando un alleato prezioso nella lotta contro i cambiamenti climatici e nella conservazione degli ecosistemi.

 

Come funziona?

La prima funzione alla quale le AI si applicano con successo è quella del monitoraggio ambientale: sensori, veicoli e droni equipaggiati con questa tecnologia possono monitorare in tempo reale la qualità dell’aria e dell’acqua, identificare incendi boschivi nelle prime fasi, tracciare la migrazione degli animali e rilevare attività illegali come il bracconaggio. I modelli di machine learning possono analizzare dati storici e attuali per prevedere eventi meteorologici estremi come inondazioni e siccità, consentendo alle comunità di prepararsi in anticipo.

L’AI trova un discreto utilizzo nell ottimizzare l’uso delle risorse idriche e agricole, identificando le aree più adatte alle coltivazioni e minimizzando gli sprechi.

Inoltre algoritmi di deep learning possono analizzare immagini e suoni per identificare nuove specie di piante e animali, contribuendo alla conoscenza, e alla conservazione, della biodiversità.

 

Qualche esempio concreto

Sempre più organizzazioni e fondazioni utilizzano strumenti di AI per i loro scopi, dalla conservazione delle biodiversità, alla ricerca, per arrivare sino alla prevenzione di fenomeni atmosferici e incendi. Vediamone qualche esempio:

  • Rainforest Connection: questa organizzazione utilizza dispositivi alimentati a energia solare e dotati di AI per monitorare i suoni della foresta e rilevare attività illegali come il disboscamento e il bracconaggio.
  • Conservation Drones: droni equipaggiati con telecamere ad alta risoluzione possono sorvolare vaste aree protette per monitorare la fauna selvatica e identificare eventuali minacce.
  • Google Earth Engine: questa piattaforma cloud offre strumenti di analisi basati sull’AI per studiare i cambiamenti ambientali a livello globale, consentendo ai ricercatori di monitorare la deforestazione, il degrado del suolo e altri fenomeni.
  • Mountain Progress Lab: progetto italiano sviluppato da Audi, Regione Trentino, Università di Trento e comune di Madonna di Campiglio, dove una flotta di veicoli elettrici equipaggiati con particolari sensori monitora costantemente la qualità dell’aria, offrendo dati in tempo reale. L’idea è quella di creare una località turistica premium, rispettare la montagna e preservare le biodiversità attraverso l’utilizzo di analisi AI. Molto interessante la creazione di un hub sostenibile pensato per i nomadi digitali o per chi può lavorare da remoto.

 

Le nuove opportunità 

La raccolta dei dati, e la relativa analisi, sono dei processi che esistono da tempo naturalmente. Le nuove tecnologie basate sulle AI permettono di velocizzare incredibilmente questi processi e di analizzare frequenze, intervalli e correlazioni che senza questi metodi sarebbero stati quasi impossibili da notare. Naturalmente, al momento, l’utilizzo di questa forma così raffinata di analisi riguarda solo le grandi organizzazioni o i progetti più importanti o con valenza pubblicitaria e d’immagine, ma, e qui la cosa si fa interessante, i dati sono condivisi e a disposizione di tutti. 

 

L’intelligenza artificiale rappresenterà sempre più una rivoluzione nel campo della tutela ambientale, offrendo strumenti potenti per monitorare, analizzare e prevedere i cambiamenti ambientali, l’AI può contribuire a una gestione più sostenibile delle risorse naturali e alla conservazione della biodiversità. Tuttavia, è fondamentale che lo sviluppo e l’utilizzo di queste tecnologie siano accompagnati da una riflessione etica sulla loro applicazione e dai necessari investimenti in ricerca e formazione. Noi di yes-web abbiamo già detto agli albori di queste nuove tecnologie che queste, se usate correttamente, possono essere un aiuto trasversale nei vari ambienti umani ma, se usate con superficialità e senza senso critico, sicuramente saranno un impedimento per il progresso.